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sabato 15 dicembre 2012

Province, i costi del flop Monti


Articolo di Mauro Munafò, pubblicato su l'Espresso.it


La loro soppressione poteva portare risparmi miliardari. Ma il governo ha preferito una riforma poco incisiva sui conti, bloccata dal Parlamento. Ecco cosa succede adesso e quanto ci costerà

Doveva essere il fiore all'occhiello dell'azione del governo contro la casta, gli sprechi della politica e la burocrazia di stato E, invece, la travagliata riforma delle province si è rivelata un disastro tecnico ed economico per l'esecutivo Monti, pari forse a quanto accaduto con la vicenda esodati. In pochi mesi si è così passati dall'abolizione totale, alla riduzione del numero e infine al nulla di fatto.

"E' una riforma nata male, non troppo diversa da quanto aveva già previsto Tremonti", spiega Andrea Giuricin, professore della Bicocca e ricercatore per l'Istituto Bruno Leoni, "Un vero risparmio, senza creare confusione sulle funzioni, si sarebbe ottenuto con l'abolizione completa delle province e il governo aveva tutto il tempo di avviare una procedura di riforma Costituzionale per farla. Preferendo invece l'accorpamento, ha creato una norma facilmente attaccabile in Parlamento".

I costi e i (mancati) risparmi. Secondo uno studio realizzato proprio da Giuricin per il Bruno Leoni, l'abolizione completa delle province avrebbe portato a un risparmio di circa 2 miliardi di euro l'anno, prevedendo un trasferimento delle loro funzioni alle Regioni. Oggi le province spendono in totale circa 11,5 miliardi e la cancellazione del loro "livello", garantendo però il mantenimento dei posti di lavoro, avrebbe permesso enormi economie sul lato di amministrazione e controllo. "L'abolizione delle province avrebbe permetto di risparmiare 869 milioni in amministrazione, 140 milioni di costi politici e circa un miliardo grazie alle economie di scala", continua Giuricin nel suo studio, "Parliamo quindi di un valore quasi quintuplo rispetto a quanto previsto dalla riforma del governo".

L'esecutivo infatti, dopo aver prima annunciato l'intenzione di abolire le province, ha preferito seguire la via dell'accorpamento con la riduzione del numero complessivo di enti e delle loro funzioni. Un piano che nelle previsioni (piuttosto fumose) del ministero della Funzione Pubblica avrebbe permesso risparmi tra i 370 e i 530 milioni di euro, ma assai contestato sia da chi chiedeva l'eliminazione totale delle province sia da chi voleva mantenerle.

"Il governo ha commesso un grave errore. Il ministro ha dichiarato di voler mantenere le province ma con funzioni ridotte: è un ragionamento profondamente sbagliato", spiega Luigi Oliveri, dirigente della provincia di Verona, ed esperto di diritto degli enti locali per LaVoce e LeggiOggi, "Come si può pensare di realizzare economie di scala se si fa spezzatino delle funzioni affidate? Frastagliando i compiti tra venti regioni e ottomila comuni non è possibile un vero risparmio e non mancano altri gravi errori. Ad esempio, hanno tolto alle province la responsabilità su formazione e lavoro, lasciando però la scuola secondaria, come se i due ambiti non fossero collegati tra loro".

Il danno e la beffa. Dal punto di vista dei costi il fallimento governativo è quindi doppio: nonostante abbia optato per una riforma dai risparmi inferiori, l'esecutivo Monti non è riuscito a portarla a termine, finendo bloccato in Parlamento tra dubbi di costituzionalità e prevedibili resistenze da parte dei potentati locali. Di più, ai mancati risparmi si sostituiscano adesso i costi aggiuntivi tutti da definire. "Tra le conseguenze [del mancato rinnovo del ddl ndr], oltre ai mancati risparmi che si sarebbero ottenuti con la riduzione delle Province, ci sarebbe una lievitazione dei costi a carico dei Comuni e soprattutto delle Regioni" spiega un allarmato comunicato del ministero della Funzione Pubblica.

Non bastassero i guai economici, il flop sulla riforma delle province investe ancora di più l'aspetto funzionale. Tre diversi atti normativi (il salva-Italia, la Spending Review e il ddl sul riordino) hanno spostato competenze tra province, regioni e comuni, ma la decisione del Senato di non convertire in legge il ddl sul riordino impedisce di completare l'opera e adesso serve capire quale ente dovrà fare cosa. E soprattutto: con quali soldi?

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